Scavarsi la fossa con le proprie mani

Scavarsi la fossa con le proprie mani

Capitolo tratto dal libro "Officina Alkemica" di Salvatore Brizzi – Antipodi Edizioni, 2006


Officina Alkemica
Versione Libro
Buono
Prezzo € 13,00

La grandezza dell’uomo si misura in base a quel che cerca e all’insistenza con cui egli resta alla ricerca.
Martin Heidegger

Abbiamo visto che colmandoci di stupore di fronte al Bello («estasi estetica») e facendo passare in secondo piano noi stessi per sopperire alle esigenze degli altri («servizio») ci è possibile aprire il Cuore e proiettarci nell’anima “per via diretta”.
L’Achimia Superior – l’ars brevis – concerne però anche la possibilità di giungere direttamente non solo all’anima, ma allo Spirito, senza dover passare attraverso le fasi alchemiche intermedie. Qualcosa che, a dire il vero, concerne più la sfera del miracolo che quella del progresso spirituale!
L’Arte Regale, nel suo aspetto conosciuto come Alchimia Inferior, è una via che possono intraprendere tutti coloro che sentono con intensità di voler trasformare se stessi per uscire dalla prigionia dell’ovvio.
L’Alchimia Superior che conduce all’anima è invece una via per un numero più ristretto di persone: quei pochi così sensibili al Bello da venire “rapiti in Cielo” osservando un’immagine o udendo una melodia, oppure quei pochi così traboccanti di compassione da annullare se stessi in favore del prossimo.
L’Achimia Superior che conduce allo Spirito, infine, è il sentiero verticale per eccellenza, è la via della Folgore, e non può essere comunicata a parole. Quest’ultima è la via senza via. Non si sviluppa secondo un percorso che un giorno ci porterà alla realizzazione: possiamo unicamente concentrarci adesso sulla ricerca del nostro Io, fino a realizzare in un istante di intuizione che tale Io non esiste e non è mai esistito. Si tratta di scomparire come esseri individuati: dobbiamo scavarci la fossa con le nostre stesse mani. Solo l’Uno deve rimanere.
Questa è l’autentica realizzazione Metafisica, la via dei Filosofi, conosciuta come  Advaita Vedanta (=conoscenza ultima della non-dualità) nella tradizione indù. Non è una via semplice in quanto si basa sulla nostra capacità di utilizzo della mente astratta, senza alcun appiglio concreto e senza fare riferimento ad alcuna tecnica o pratica spirituale. Non c’è un sentiero da percorrere, ma solo un costante interrogarsi circa le domande fondamentali, fino a quando non sopraggiunge la risposta: il donum Dei, l’Illuminazione.
--  Chi sono io, o meglio, chi se lo chiede?
--  Perché c’è l’esistenza invece che il nulla?
--  Cosa significa che sono cosciente?
Per queste domande non esiste una risposta razionale, quindi lo scopo di concentrarsi su di esse è provocare il collasso della mente. Ciò permette l’apertura di un «varco» per la discesa della Verità. L’unica possibilità che abbiamo di conoscere la Verità è divenire la Verità. L’unico modo per conoscere Dio è divenire Dio. L’unico modo per conoscere l’esistenza è divenire l’esistenza. L’unico modo per comprendere la coscienza è divenire coscienza. L’Illuminazione non è una bella cosa! Significa scavarsi la fossa con le proprie mani. È il «suicidio occulto»: è l’Io, vale a dire tutto ciò che crediamo di essere in questo momento, che decide di morire per lasciare spazio a Dio e alla Verità sul mondo. Per giungere a tanto è indispensabile una qualità che in quest’epoca è piuttosto rara: l’Ardore spirituale. È una caratteristica innata che pochi possono vantare, e la si riscontra più sovente fra le donne che fra gli uomini. Senza l’indomito Ardore del Guerriero – o, meglio, della Guerriera –  Spirituale non si può trovare la forza necessaria per desiderare di morire a se stessi in nome dell’Amore e della Verità. Per fare sì che l’Io scompaia è sufficiente dedicarsi alla sua ricerca: se lo cerchiamo seriamente attraverso l’introspezione... scopriamo che non esiste e non è mai esistito. Noi diamo per scontato di avere un Io, e ciò fa sì che questa illusione si perpetui. Ma se lo guardiamo dritto in faccia... l’illusione viene smascherata in un folgorante istante. Ciò che pensiamo della coppia, della guerra o della fame nel mondo, le nostre abitudini alimentari e sessuali, le nostre preferenze per le vacanze, il credo politico, la squadra di calcio preferita... le nostre rabbie, gli imbarazzi, le paure, i fastidi, ciò che perdoniamo e ciò che non perdoniamo agli altri... e tutta la restante spazzatura che abbiamo accumulato dentro di noi nel corso di qualche decennio di permanenza su questo pianeta... tutto questo è ciò che chiamiamo Io.
Come è possibile che noi siamo questo?
Tutti questi aspetti possono essere controllati e modificati dall’esterno. Il martellamento mediatico riguardo il terrorismo e le epidemie ne è un esempio. Chi controlla le nostre emozioni controlla il nostro Io! Le nostre idee circa la validità di un politico, le soluzioni possibili per la salvaguardia ambientale del pianeta, l’utilità di un’azione di guerra a seconda del contesto... sono tutte idee derivate da un’azione mediatica esterna a noi: scuole, telegiornali, film, libri. Noi sicuramente non siamo questo ammasso di pensieri “preconfezionati” costruito e controllato dall’esterno. Ma la Tradizione esoterica ci dice qualcosa che va ancora oltre: essa afferma che nemmeno la nostra sensazione di esistere come individui coscienti e separati dagli altri... siamo noi. La Tradizione afferma che noi siamo Dio stesso, non una piccola coscienza separata.
Io ho detto: voi siete Dei. Gv 10,34
Se ci dedichiamo con Ardore alla ricerca dell’Io – inteso come la nostra sensazione di essere coscienti – e se questa ricerca diventa l’obbiettivo principe della nostra vita, intorno al quale ruota tutto il resto, allora un giorno, o forse subito, potremmo avere una sorpresa: quell’individuo cosciente di esistere come ente separato dal mondo intorno a lui, in realtà non c’è mai stato!
Ecco... io l’ho detto. E chi ha potuto capirla l’ha capita.

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