⭕Purtroppo ho sempre chiesto alla vita ma ho continuato a farlo senza umiltà, facendo della lamentela l'unica costante, l'unica scusante per non prendermi una vera responsabilità.
Cercavo sempre il picco emotivo positivo che poi mi catapultava direttamente nel suo opposto.
Ho sempre messo gli altri al di fuori delle mie idee di felicità, considerandoli nemici, ma non erano altro che i massi che io stesso posizionavo davanti al mio percorso, deviando dalla verità.
Trovando a tutti i costi un capro espiatorio, accusavo l'esterno della mia insoddisfazione, della mia incapacità di trovare una direzione. Il tranello era il mio non aprirmi alla vita e all'altro essere umano.
DEVI FARE UN SALTO, mi dice la vita ma la parte razionale si aggancia all'abitudine che non debba esserci fatica, che non debbano esserci rimproveri, che non debbano esserci difficoltà.
Tutte scuse che ho sempre trovato per pigrizia mascherata da paura. La vita, come mi ha detto un fratello, ti manda i suoi sicari per portarti a tirare fuori e osservare ciò che la mente si ostina a trattenere.
Questi sicari sono le situazioni e le persone che incontri. Non sono loro la causa del tuo malessere, ma solo l'effetto. È sulle cause che devi lavorare per eliminare gli effetti. Ciò che ti accade è perchè hai fatto del desiderio il tuo unico scopo di felicità. Ma questo non fa altro che metterti in condizioni di creare aspettative che verranno prima o poi deluse. Ciò che è fuori fa da catalizzatore a ciò che è dentro affinchè tu possa vederlo più chiaramente, anche se non ti piace.
E questo lo si fa solo attraverso la resa, l'accettazione e una vera scelta.
👉🏻Vi ricordo che è in partenza (sia on line che dal vivo) un percorso dove cercheremo insieme di iniziare ad esplorare ed approfondire come le situazioni che si ripetono o i blocchi che vediamo come insormontabili, in realtà hanno un'origine interna che va scoperta, osservata e, un passo alla volta, comprendendo i meccanismi della personalità e della mente, camminare decisi verso la propria guarigione
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Questo film nasce con il principale intento e obiettivo di trasmettere un messaggio, cioè quello di far comprendere a chi lo guarderà che la nostra vita, il nostro quotidiano è condizionato da una o più personalità. Esse sono state quasi sempre messe in moto sin dalla nostra infanzia, da quando eravamo bambini, periodo in cui hanno cominciato a nascere, a costruirsi nell’osservare i nostri genitori in determinate situazioni che hanno messo la mente in una situazione di disagio, di sofferenza, di mancanza, il cosiddetto trauma emotivo e psicologico. La mente ha creato un suo filtro attraverso il quale ha iniziato a vedere la propria vita, creando idee distorte su se stessi, sul mondo esterno, sul proprio maschile e sul proprio femminile. Un altro aspetto che viene affrontato e sottolineato all’interno della pellicola è il rapporto di coppia, la relazione in generale, ma anche quella con il proprio compagno/a e con i propri genitori. Si affronta un meccanismo che possiamo chiamare “rapporto incestuoso psicologico non materializzato” con il genitore del sesso opposto che ha messo in piedi le personalità e che ha condizionato la propria vita attraverso una forma manipolatoria e narcisistica. Per noi è importante che questo film venga compreso e interiorizzato ancheal di là quello che è l’aspetto cinematografico, che ha la funzione proprio di condividere un messaggio con il proprio pubblico e non solo di intrattenerlo.
Analizziamo un attimo quello che accade nella coppia attraverso questo breve spezzone di 30 secondi del nuovo film di Claudio Guarini , "Lì dove è stata perduta", in uscita il 21 dicembre su Prime Video.
In questo periodo l'attenzione dell'opinione pubblica è orientata sulle tragiche conseguenze di ciò che accade tra l'uomo e la donna all'interno delle loro relazioni. Ciò che non viene affrontato èl'origine reale (ogni caso è a sè) di questo aspetto #narcisistico della personalità e di questa tendenza #giornalistica di utilizzare la definizione "#patriarcato", a mio avviso, a sproposito. Ci sono cause e conseguenze.
Spesso ti sembra di non percepire l’unione nella relazione, ti sembra quasi di non sapere cosa sia l’amore. E’ vero, non lo hai mai saputo, perchè quello che scambiavi per amore era dipendenza. Adesso tocca ricostruire per sperimentare e riconoscere cosa è la vera unione, che tendi a chiamare amore. Tolta la dipendenza, cosa rimane? Il fuoco del compito che vi unisce. Ti chiedi come si fa a riaccendere questa fiamma. Finchè avrai paura, finchè vorrai agire solo per dimostrare di essere bravo, sarà come voler dimostrare alla mamma o al papà che sei perfetto in modo che non ti sgridi, in modo che tu soffochi quella sensazione e quel timore di essere abbandonato, quella percezione di non sentirti amato.
Non devi dimostrare nulla a nessuno. Devi solo essere te stesso, riconoscerti in anima, prendere quel bambino per mano e tirarlo fuori da quella stanza della mente dove è ancora chiuso. Eri convinto di aver lasciato per sempre la dipendenza con la mamma, o con il papà, in realtà non è così. Non appena taglierai questo cordone ombelicale di dipendenza, saprai e sentirai quasi all’istante cosa fare e guarderai la tua compagna, il tuo compagno con occhi diversi, forse come non l’hai mai guardato. Non avere paura del futuro perchè è irreale ciò che immagini ora col filtro di quel dolore, di quel trauma che ti ha fatto soltanto costruire tutte quelle personalità che ti hanno deviato da te stesso.
Ciò che ti ostini a difendere è l’atteggiamento distruttivo della personalità legata alla paura dell’abbandono. Quando il partner sembra assumere un atteggiamento più distaccato, quindi non da mamma o papà, allora inizi a credere che non ti ami, che è lontano da te, che non ti vuole più. La tua mente va in protezione per non provare quel dolore, che non è reale. Non vuoi essere abbandonato e per evitare questa emozione, inizi a proiettare rabbia, frustrazione, insoddisfazione, quello che tu chiami odio, tutto sull’altro. Cerchi la scusa per evitare il confronto, accusi l’altro come se il problema fosse lei/lui, che non si prende cura di te, che non ti coccola. Metti un muro, ti isoli, ti rifugi nel bambino ferito che vuole mamma o il papà tutto per sé, che lo assecondi e lo lasci fare. Ora devi ragionare da compagno di vita, non più da figlio, e soprattuto da padre e madre nei confronti dei tuoi figli, e non più da fratello o amico. Il genitore da la direzione, il compagno accosta il proprio compagno/a in questa direzione. Se ti percepisci figlio, ti sembrerà di non sentire il legame e l’amore nella relazione di coppia, ma solo la dipendenza. E ti rifugerai nei tuoi figli proiettando i tuoi disagi e anziché direzionarli, li vorrai proteggere difendendo i meccanismi che in loro possono nascere, anziché stroncarli, sia in te che in loro
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Attraverso l'esplorazione del rapporto genitoriale che si riflette sui drammi del presente, e della saggezza ancestrale, il film invita il pubblico a riflettere sulla propria ricerca interiore e sulla scoperta del vero sé. Un'esperienza cinematografica avvincente che ci ricorda come solo abbracciando l'essenza della nostra anima possiamo trovare il vero significato della vita.
Tutte le volte che ripeti a te stesso “ho paura, non ce la faccio”.
Tutte le volte che guardi allo specchio e tenti di cambiare te stesso rompendo l’immagine che hai di fronte. Tutte le volte che, anziché fare un passo, lo fantastichi nella tua mente. Tutte le volte che ti ritrovi a fare la vittima, accusando il mondo esterno. Bene.
Tutti questi momenti non parte della realtà, ma di un’illusione in cui stai solo recitando un ruolo, condizionato da un’unica paura, quella della responsabilità. Responsabilità dei tuoi pensieri, delle tue parole, delle tue azioni, della tua vita. La responsabilità di ciò che sei davvero. Qualcuno ha detto “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”. Ma io adesso ti dico che non si tratta di un grande potere o un grande responsabilità. Una volta che hai compreso l’opportunità che il cambiamento può offrirti, hai l’occasione di abbandonare una volta per tutte l’illusione per poterti immergere nella verità. La tua responsabilità sta nel mostrare come si fa, diventando un umile strumento della vita. Perché ciò che insegni a tuo figlio, lo stati insegnando al figlio di tuo figlio.
Dentro ognuno di noi c’è un bambino che vuole conoscere, scoprire, condividere. Dare spazio a quella voce significa ritornare alla semplicità, all’unione, ma soprattutto alla rinascita del vero te stesso. Ritornare alle origini è come ritornare bambini. Osservare i propri movimenti, la natura, ciò che si muove dentro e attorno a noi come fosse sempre la prima volta. Con stupore, meraviglia, senza giudizio. Quel bambino ascoltava ed esprimeva la propria anima. Ma poi è successo qualcosa. Scoprire cosa è accaduto e abbandonare quel senso di ingiustizia può darci la chiave per ritornare a quella #felicitaspontanea.
Puoi sperimentare la gioia del presente, accettando ciò che sei. Che ti piaccia o no, scoprire i tuoi mille volti e poi lasciarli andare per far spazio al tuo vero volto. Quello dell'anima e dello spirito. La strada della verità è la strada dell'essere autentico, e questo ti fa sentire al tuo posto, senza se e senza ma.
Ti sembra che ti manchi qualcosa per il semplice fatto checontinui a cercarla all'esterno anziché all'interno. La chiave è dentro te stesso.